Verbali delle donne dell'Azione Cattolica tra il 1933 e 1941

Negli anni che vanno dal 1933 al 1941 un gruppo di donne dell’Azione Cattolica si riuniva nella Parrocchia di Vigonza, paese a Nord di Padova. Per ogni riunione veniva compilato un verbale con tanto di firme della Segretaria Maria Tiso, qualche volta  anche della Presidente e dell’Assistente Ecclesiastico.

È il periodo del consolidamento del fascismo e del nazismo, probabilmente il regime teneva sotto controllo la Chiesa e i gruppi dell’Azione Cattolica. In particolare le donne che dovevano rispecchiare il pensiero fascista: devote, dedite alla famiglia e ai figli, silenziose e pie.

I fatti successi in questi anni riferiscono l’antiebraismo che sfocerà nella Shoah, la paura del comunismo, la guerra d’Africa e l’ideologia della razza che porteranno alla seconda guerra mondiale con il suo carico di orrore e morte.

È proprio il silenzio su questi fatti nei verbali che induce a pensare che tra la gente ci fosse una consapevolezza che non conveniva, per prudenza, manifestare apertamente. Maria Tiso, detta “Marietta”, prendeva il suo compito molto sul serio, ma rifuggiva, come tutta la famiglia Tiso da atteggiamenti estremi sia di esaltazione sia di opposizione al regime fascista.

Il dopoguerra e gli anni successivi dimostrano la razionalità di questo atteggiamento, non ci furono ritorsioni o vendette, in casa si parlava degli avvenimenti senza nasconderne la gravità, ma in modo pacato, in modo che i giovani fossero educati a distinguere tra bene e male e a comportarsi di conseguenza.

 

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Erminio Segato

Morirono di fame, di stenti, di freddo e del piombo sovietico. Una campagna, quella dei militari italiani inviati in Russia, iniziata male e finita peggio. È il 22 giugno del 1941 quando i soldati tedeschi avanzano distruggendo le postazioni sovietiche. Mussolini spinge per andare a fianco del suo alleato Hitler in quella che fu denominata “Operazione Barbarossa”. I generali tedeschi sono contrari. Alla fine il Führer cede. Il 10 luglio 1941 il duce invia in Unione Sovietica 62.000 soldati del Csir, Il Corpo di spedizione italiano.
Poi nel 1942 è Hitler a chiedere sostegno a Mussolini. Vengono inviati altri soldati e si costituisce l’Armir, l’Armata italiana in Russia con 7 divisioni, di cui 3 alpine. Il numero dei nostri connazionali sale a 229.000. L’Armir viene subito chiamato a fronteggiare i russi nella 1ᵃ battaglia difensiva del Fiume Don.
Nel novembre 1942 i russi contrattaccano e chiudono in una sacca sul Volga e sul Don i tedeschi. Il 16 dicembre i sovietici sferrano una grande offensiva che investe le divisioni italiane di fanteria schierati sul medio Don. Il fronte nazi-fascista viene rotto un mese dopo tra il 16 e il 17 gennaio del 1943 I comandi italiani ordinano di ripiegare.
Inizia la lunga ritirata. Attanagliati dal gelo i soldati italiani ripiegano fino a Nikolajevka. Qui il 26 gennaio 1943 l’ultimo capitolo del dramma nella steppa. Infine la prigionia che porterà gli italiani prima ad essere rinchiusi nei lager tedeschi poi nei gulag sovietici.
Circa 10.000 di essi si salvarono dalla prigionia. Il ritorno a casa si completò solo nel 1954.
Ma tanti furono i dispersi di cui non si seppe più niente fino al ritrovamento delle piastrine, tra questi Erminio Segato del quale raccontiamo qui la storia.
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